“Totò con i quattro” di Ciro Borrelli e Domenico Livigni, un avvincente libro da non perdere



Di Alfredo Carosella





“Totò con i quattro” di Ciro Borrelli e Domenico Livigni è il primo volume della collana dedicata al Cinema, della linea SERIE ORO ideata e diretta dalla giornalista Anita Curci, in collaborazione con la casa editrice Apeiron.

Leggendo il libro, il pensiero è andato subito al successo che il pubblico ha tributato al film “Bohemian Rhapsody”: nonostante tutti pensino di sapere chi erano Freddy Mercury e i Queen, in tanti hanno avuto voglia di correre al cinema, sia per riascoltare canzoni amate, sia per scoprire aneddoti sconosciuti. Lo stesso potrà accadere a chi leggera “Totò con i quattro”: rivivrà momenti bellissimi legati all’ampia produzione artistica dei protagonisti del libro e scoprirà tanti accadimenti sconosciuti ai più.

Domenico Livigni e Ciro Borrelli
 “Totò con i quattro” deve il suo titolo al film “Totò contro i quattro” che Steno girò nel 1963 col “principe della risata” e altri quattro grandi artisti: Peppino De Filippo, Erminio Macario, Nino Taranto e Aldo Fabrizi.

Le quattro parti del libro – una per ogni protagonista legato a Totò – sono introdotte dallo stesso Borrelli, Mauro Macario, Andrea Jelardi e Ennio Bìspuri.

I due autori, animati da una grande passione verso i cinque attori e sostenuti da uno studio accurato, nonché da importanti testimonianze quali quelle di Leandro Castellani e Franco Barbero (solo per citarne alcune), coinvolgono il lettore attraverso vari “stratagemmi letterari”: inizia Ciro Borrelli, che immagina di intervistare Peppino De Filippo nel 1977, durante una tournée teatrale. L’intervista si svolge in cinque incontri, avvenuti tutti a fine spettacolo: “L’avaro” di Moliere, in scena al Teatro Manzoni di Milano. Peppino racconta del comune destino col suo compagno di scena, di non essere stati riconosciuti dal padre e di come, tale circostanza, portò Totò a cercare ossessivamente delle origini nobiliari, per riscattare il suo essere figlio di n.n. Dopo molti anni riuscì a ottenere il nome di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi de Curtis di Bisanzio, ma gli esordi furono abbastanza tristi: Totò iniziò a esibirsi con lo pseudonimo Clerment, derivato da Clemente (il cognome materno) su palchi improvvisati, coperti da tendoni che spesso venivano spazzati via dal maestrale.

In seguito andò in scena con Titina De Filippo e poi a Roma, a lavorare gratis per la Compagnia del commendator Capece, prima di essere presentato all’impresario Giuseppe Jovinelli, che aveva già lanciato Ettore Petrolini e Raffaele Viviani.

Sono davvero tanti gli aneddoti interessanti che Borrelli racconta attraverso la voce del grande Peppino: dal suicidio dell’attrice Liliana Castagnola al rischio della deportazione in Germania per Totò e i De Filippo.

Domenico Livigni mostra al lettore Erminio Macario, colto nel drammatico momento in cui riceve la notizia della scomparsa dell’amico Totò. Racconta delle due maschere rappresentative del Nord e Sud Italia, dell’esperienza con Isa Bluette – la soubrette che importò la “passerella” da Parigi – delle riviste e dei film che i due girarono insieme, tra cui il divertente “La cambiale”, degli inizi stentati e del successo altalenante. Anche il film “Totò contro i quattro”, come altre parodie dell’epoca, fu accolto negativamente dalla critica e raccolse un magro incasso al botteghino.

Nella terza parte del libro, Ciro Borrelli racconta di un colloquio tra Nino Taranto e un bambino, nello scenario del Bosco di Capodimonte a Napoli e ci parla di Titina De Filippo e dei “musicarelli”.

Conclude Domenico Livigni, con le emozionanti parole di Aldo Fabrizi, i cui ricordi riaffiorano nitidi in occasione di una passeggiata romana.

Le importanti testimonianze, l’elenco dei film, una ricca bibliografia e una bellissima galleria di foto inedite appartenenti alla collezione privata di Livigni, completano un libro avvincente, da non perdere. 

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