Un terremoto di immagini
A quarant’anni da quei terribili, sconvolgenti 90 secondi del 23 novembre del 1980
di Rita
Felerico
Più di 20 fotografi e oltre100
immagini protagonisti di una più che commovente ed emozionale mostra ospitata
dal 12 febbraio al 31 marzo in un luogo di ricercata bellezza come il Complesso
Monumentale di San Domenico Maggiore, a Napoli. Sisma80 – 23 novembre ore 19.34, ideata
e diretta artisticamente da Luciano
Ferrara, a quarant’anni da quei 90 secondi che, come uno spartiacque,
mutarono la realtà sociale, economica ed antropica non solo dei paesi colpiti e
dell’intera nostra regione, ma – anche se in modo indiretto – di tutto il Sud,
è finalmente racconto, narrazione, ma soprattutto immagini che si incarnano in
memoria. Sfogliando e leggendo l’elegante catalogo (casa ed. Iod) in bianco e
nero, ricco delle fotografie e delle testimonianze di professori, giornalisti,
fotoreporter e dei giovani che hanno collaborato alla sua redazione e alla
realizzazione della mostra, si comprende a pieno il significato di quello che è
stato un “… grande lavoro corale –
dichiara Luciano Ferrara -. Celebrare uno
storico momento del nostro passato in un periodo come quello presente così
difficile e tragico a causa della pandemia, rende questo progetto ancora più
sentito e con la voglia e necessità di essere mostrato e condiviso. Lo
dedichiamo alla nostra città e regione, per ricordare il terremoto che colpì
noi e l’Italia intera e che a quarant’anni di distanza continua a mostrare le
proprie ferite”.
E con passione, nella sala del
Grande Refettorio domenicano, mentre svela nel giorno dell’inaugurazione alla
stampa il disegno di un dialogo mai interrotto fra passato e presente, annoda
le fila del tempo. Quel tragico momento torna a risuonare nel cuore e nelle
orecchie di chi l’ha subito, un’eco mai spenta sulle negatività che ancora oggi
con maggiore complessità risuonano nel nostro quotidiano e rimbombano nelle
generazioni più giovani, vittime, loro malgrado, di una tragedia mai vissuta. Nella
saletta attigua al Refettorio, la videoinstallazione Il racconto dei protagonisti realizzata da Gix Musella ed Elio Di
Pace proietta sulla parete immagini selezionate, commentate dalla voce delle
fotografe e dei fotografi testimoni allora e a 40 anni di distanza di situazioni
individuali e collettive. Un’operazione che fa luce su quello che la storica Gabriella Gribaudi definisce una ricerca
per tessere e spiegare un prima e un
dopo, come accade in guerra, anche da un punto di vista individuale, che è poi
costruzione di memoria, che si inserisce in un quadro più ampio, come lo studio
che sta conducendo sul tema ‘della memoria delle catastrofi’, per dare vita ad
un archivio, anche in forma digitale.
Il terremoto, come scrive Pietro Gargano, è stato anche il
momento, nella sua tragicità, in cui il sentimento di solidarietà ha dato vita
ad azioni di spontaneo volontariato, a
gesti di comune soccorso, che ha unito non solo i paesi colpiti, ma il Paese Italia, il Nord e il Sud, come
sottolinea nelle sue riflessioni anche Isaia Sales il quale, amaramente,
ricorda il parallelo trasformismo della corruzione che con i fondi per il
Mezzogiorno cambia faccia e piazze di intervento. Un cammino che Luciano Brancaccio con puntuale analisi
descrive e dal quale dipende la mai sopita scissione all’interno del Paese, Nord
/ Mezzogiorno, conseguenza delle
dinamiche sociali ed economiche che hanno interessato gli interventi di
soccorso di ricostruzione.
Ferite all’interno della
democrazia, determinanti nelle generazioni del dopo/terremoto, nel loro
rapporto con la politica; un effetto che Laura
Lieto definisce “violenza slow”, quella violenza che si perpetua nel tempo,
che si insinua lentamente manifestandosi nello spopolamento dei luoghi, dei
paesi, attraverso l’emigrazione, la ricostruzione di ‘città occasionali’ senza
una vera identità: terremoto come forma
sociale ben riconoscibile. La mostra rimette in moto, così, una serie di
riflessioni incompiute o la necessità di non interrompere quelle ancora in atto
e, a quarant’anni di distanza dai fatti, Luciano
Ferrara ha voluto dare il giusto
spazio al ruolo avuto dal fotogiornalismo d’inchiesta, dai fotografi,
alla loro responsabilità ed etica professionale, diversamente vissute oggi: “Le
voci di chi allora fu chiamato a
documentare con l’obiettivo, a distanza di 40anni, tremano oggi forse più di
quelle mani che scattarono le immagini avendo la tragedia davanti”. E del Mattino, il quotidiano più importante
della città, all’epoca diretto da Roberto Ciuni, Francesco Romanetti ne descrive, nel suo intervento sul catalogo,
l’atmosfera, l’organizzazione efficiente, progettata giorno per giorno per
affrontare al meglio il momento. L’installazione di 6metri x 2,5 Il cratere Mappe infografiche completa
la mostra; è un collage di documenti e informazioni selezionati dalle pagine
del Mattino di quell’anno, con
accanto la mappatura dei luoghi colpiti, degli effetti del terremoto sui luoghi.
È una installazione che documenta, restituisce dati, rende leggibile ciò che
è accaduto, per dare opportunità al visitatore di interpretarli e convertirli
in una propria lettura, anche critica. Organizzare una mostra così
articolata e densa di messaggi e significati, è stata un’impresa difficile,
come ogni notevole operazione creativa: reperire le immagini nei vari archivi, pensarne
la successione nello spazio del Refettorio, tutelare le foto vintage di Luciano d’Alessandro e
Mimmo Jodice, le uniche inserite in una cornice ed esposte le une
all’inizio, le altre alla fine del percorso espositivo. Una mostra che si spera
sia solo l’inizio per una riflessione
collettiva pubblica su come a partire dal sisma si sia trasformata la città e
quale di quelle trasformazioni ne hanno condizionato la successiva crescita
sociale ed economica, nonché del paesaggio urbano, ha dichiarato Eleonora de Majo, Assessore alla
Cultura e al Turismo del Comune di Napoli che ha patrocinato l’evento. Accanto
a Luciano ad organizzare noos aps, collettivo Needle e tribunali 138,
lo spazio aperto alla città, punto di incontro e cultura voluto proprio da
Luciano Ferrara. Di seguito i nomi dei fotografi protagonisti e la scheda
organizzativa. Si consiglia, come documento da inserire nel patrimonio familiare,
l’acquisto del catalogo.
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