“La Nemesi di Medea” di Silvana Campese. Cinquanta anni di femminismo consapevole, appartenente ad ogni latitudine, dietro cui si cela un patrimonio culturale da conoscere e diffondere
Di Federica Brosca
La
Nemesi di Medea è un libro scritto da Silvana Campese, che racchiude la
storia del memorabile gruppo femminista napoletano Le Nemesiache, guidato dall’artista Lina Mangiacapre e di cui la
stessa Campese faceva parte.
Nel
corso dei secoli, al termine Nemesi
sono stati associati numerosi significati, ma fu il più classico di tutti, “la
Dea della giustizia”, a colpire Lina
Mangiacapre, pittrice, scrittrice, musicista, regista teatrale e
cinematografica, fotografa, artista a tutto tondo. Fu così che, negli anni ’70,
Lina decise di adottarlo come soprannome e di fondare un collettivo femminista
chiamato proprio “Le Nemesiache”, successivamente convertito nell’associazione
culturale – oggi ancora attiva – “Le tre Ghinee”.
Le
Nemesiache sono e sono state tante. Fra Napoli, Milano, Roma e Parigi, tanti
nomi hanno aderito a quello che possiamo definire un progetto politico che ha
segnato la storia, ma che poi è diventato un vero e proprio modo di vivere e di
vedere il mondo. Non solo Nemesi (Lina) o sua sorella Niobe (Teresa), purtroppo
ormai scomparse, ma anche Cassandra, Dafne, Fausta, Helena, Nausicaa e tante,
tante altre. E poi Medea (Silvana).
È
proprio grazie a Medea (Silvana) che, oggi, cinquant’anni di lotte civili e politiche e di manifestazioni
artistiche della cooperativa, prendono forma in un volume ricco di
testimonianze, approfondimenti, aneddoti ed emozioni vissute e raccontate in
prima persona dall’autrice stessa. Una donna che questa storia non l’ha
solo vista passare ma ne ha fatto parte e, con i suoi ricordi, ha creato per i
posteri un vero e proprio monumento al femminismo. Il
libro, pubblicato dalla casa editrice L’Inedito di Fabio Martini, sarà
presentato il 6 novembre 2019 alla Fondazione Humaniter di piazza Vanvitelli,
15 a Napoli, alle ore 17.
Il
titolo nasconde in sé un gioco di parole. Nemesi e Medea sono,
appunto, Lina e Silvana. Due donne che, insieme a tante altre donne, hanno a
loro modo trasformato le proprie vite e il mondo, soprattutto grazie alla
straordinaria personalità di Lina Mangiacapre, che adesso vive in questo libro,
attraverso la memoria di Silvana.
Era
l’inverno del ’76 quando l’autrice entrò a far parte del gruppo. Le Nemesiache
erano ribelli, sostenitrici della libertà, della creatività, nemiche
dell’oppressione e del conformismo. In un’epoca in cui la figura maschile era
fortemente privilegiata rispetto a quella femminile, difendere l’uguaglianza di
genere era di fondamentale importanza. La
natura sessuale, che ogni individuo si trovava assegnato alla nascita in
maniera del tutto accidentale, era una condizione sociale all’interno della
quale una parte veniva favorita a discapito dell’altra. Un sistema di potere
totalmente casuale. È su questi presupposti che il gruppo irrompeva nella
scena pubblica per cercare di aprire le menti e ristabilire un giusto ordine
sociale. Non a caso, il nome “Nemesiache” fu appunto scelto da Lina sul concetto di nemesi come volontà di lotta per ristabilire
l’armonia.
Per
farlo, il collettivo si esprimeva in maniera pacifica, attraverso
manifestazioni politiche ma anche cercando di trasmettere i propri ideali con
la musica, il cinema, il teatro, l’arte. La creatività era il loro punto di
forza, ciò che le ha rese diverse e ancora oggi indimenticabili. Curioso, ad
esempio, il periodo del transfemminismo
(termine coniato dalla stessa Mangiacapre), durante il quale le componenti del
gruppo si vestivano come uomini.
Le
pari opportunità, la legalizzazione dell’aborto, la pena per la violenza
sessuale, sono solo alcune delle battaglie per le quali l’associazione si è
battuta nel corso degli anni.
Nel
raccontarci tutto questo l’autrice ci prende per mano e, di tanto in tanto, ci svela
in confidenza situazioni del suo vissuto personale.
La Nemesi di Medea è perciò una sorta di
diario, ma anche un’enciclopedia su mezzo secolo di femminismo. Un percorso da
scoprire, frammentato in storie dalla straordinaria bellezza che, grazie
all’opera di Silvana Campese, si trasformano in patrimonio culturale da conoscere e diffondere.
©
RIRPODUZIONE RISERVATA
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