RENATO MARINI - “dipingere l'aria”

Castello Svevo di Termoli (CB) dal 18 al 30 giugno 2022  

Dal 18 al 30 giugno 2022 si terrà presso il Castello Svevo di Termoli (CB) una mostra personale di Renato Marini curata e promossa dall'associazione culturale  settimopiano_ALIA. La scelta del Direttivo guidato da Michele Porsia (Presidente e Direttore Artistico) è nata dal desiderio di valorizzare il paesaggio culturale molisano con le opere di un artista che, evitando una banale deriva descrittiva, sa coglierne l'essenza. E «(...) procedere con estrema cautela favorisce la consistente assunzione, volutamente lirica, di impianti geometrici, da cui ricava la tendenziale idea di misurare e dimensionare lo spazio-ambiente, ma, anche, di interpretarlo, pienamente, sino a possederlo e, alla fine, descriverlo e desumerlo nelle significazioni concretamente segniche e nelle variegate segmentazioni pluridimensionali» (Vitiello, 2022). L'esposizione a cura di Porsia presenterà lavori di diversa datazione ma che hanno come comune denominatore il paesaggio e la leggerezza del segno e del colore. Opere che restano sul limite tra figurazione e astrazione: «il paesaggio in Marini non è rappresentato: è trasfigurato in immagine mentale che resta sul confine tra memoria e dimenticanza» (Porsia 2022). La ricerca artistica di Marini  stimola l'osservatore a «guardare in faccia il nulla e dargli forma, consistenza e colore permette di guardare oltre il visibile» (De Lena, 2022). L'intenzione di questo evento è mettere in luce anche l'attivismo culturale dell'artista che ha portato alla nascita nel 1990 del Centro Culturale il Campo proponendo in un luogo periferico rispetto ai flussi dell'arte contemporanea, artisti noti in ambito nazionale e internazionale. Anche questa volta l'Associazione senza scopo di lucro settimopiano_ALIA (Arts and Landscape International Associacion), nata nel 2017, si impegna nel promuove contemporaneamente l'arte contemporanea e il territorio verso un marketing territoriale integrato.

Il
  vernissage è alle ore 19.00 del 18 giugno ed interverranno Michele Porsia (presidente dell'associazione settimopiano_ALIA, curatore), Maurizio Vitiello (critico, sociologo), Lara De Lena (storica dell'arte), Ursula Manes (artista). Seguirà una degustazione di olio dell'Azienda Agricola Biologica Francesca  Giacomodonato, latticini del caseificio Barone e di vino di Tenute Marta Rosa. La mostra sarà aperta dalle 19.00 alle 22.00 e ci sarà la possibilità di prenotare visite fuori orario contattando l'associazione. Il 20, 21 e 25 giugno ci saranno inoltre laboratori creativi per bambini (6-10 anni) a cura di Flavia Del Cioppo. Per informazioni e prenotazioni scrivere a settimopiano.maestraflavia@gmail.com.

settimopiano_ALIA ringrazia i soci che hanno sostenuto in vario modo l'iniziativa, il Comune di Termoli per gli spazi del Castello, i critici che hanno donato le loro parole.

Per maggiori informazioni: settimopiano.porsia@gmail.com | +39 328 68 26 021

 

NELLE PROSSIME PAGINE: I TESTI CRITICI DI MAURIZIO VITIELLO, LARA DE LENA E MICHELE PORSIA. POSSONO ESSERE UTILIZZATI LIBERAMENTEI CITANDO L'AUTORE


Astrazioni e ritorni tra luci e ombre nella produzione di Renato Marini

Renato Marini con le sue avvedute e morbide stesure accende un’attenzione corretta, educata verso i paesaggi della sua terra e nella parabola descrittiva di ritorni sottolinea ricordi e rinvigorisce un amore concreto, stabile e, oggi, confortante verso le sue oneste radici.

I suoi paesaggi sono da leggere “in filigrana”, oltre a essere una credibile decalcomania della realtà.

Nella riconquista del paesaggio rammenta panorami insoliti, scenari peculiari, prospettive con visioni d’astrazione.

I richiami astratti dai respiri della Terra nell’ultima produzione di Renato Marini ci confortano e ci stimolano delle considerazioni.

In un giro panoramico sull’arte italiana captiamo che ci sono regioni che presentano fior di artisti e hanno collegamenti continui con Roma, e qui parliamo dell’Abruzzo, ma non manca di comparire il Molise, piccola terra anch’essa di forte creatività, seppur non molto conosciuta e non apprezzata per il ramo del contemporaneo, che, comunque, esprime, da tempo.

E’ fuori discussione, però, che Milano sia stata ed è l’ombelico che fluidifica la dinamica vettoriale del mercato dell’arte contemporanea tra Italia ed Europa.

E, allora, focalizziamo il nostro interesse sulla recente operosità artistica di un bravissimo autore, che risponde al nome di Renato Marini.

L’attività di Renato Marini è stata sempre interessante e ora si dimostra sempre più singolare e accattivante.

L’artista che per un lungo periodo è entrato nell’anima dell’astrazione e ha creato nuove spazialità, ben contenendo respiri di campiture, seppur racchiuse in ambiti articolati, non dimentica il suo territorio.

La sua forte e decisa passione era convogliata in una ricerca pittorica avanzata in cui trasferiva pulsazioni esistenziali, intriganti “fuochi” emotivi, impreviste fisicità intraprendenti.

Renato Marini con autorevole e potente slancio ha percorso le vie larghe e strette dell’aniconismo e le sue astrazioni si staccavano dall’abituale e consueto fronte comune e si stagliavano su posizioni elevate e orizzonti alti.

La sua corrente astratta si scioglieva, tra assunti di paradigmi e segni ben precisi, e riusciva a dimensionare profilati vertici.

La sua identità artistica è, oggi, cambiata, sempre in chiarissima fattura, perché la sua linea creativa racconta non più concetti razionali, ma si coniuga nella pittura d’ampio spettro intimista, con aliti figurativi d’impalpabile impatto.

Nella convinzione che esistono punti d’incontro dialettici, fonde elementi linguistici e stilistici, che consentono di guadagnare un’evoluzione elegantissima, concretamente figurativa con sospensioni astratte.

Regolatissimi piani geometrici e calibratissime consonanze cromatiche, fronti equilibrati e ragionevoli, segni acutamente abbreviati, scorciate visioni e segmenti spezzati di campi, bagliori di luci e profondità luministiche fanno sì che lo spazio motivato della natura accolga, in parallelo, impulsi emotivi e psicologici, sintesi tra variegate difficoltà e gioia di vivere, nonché relazioni e riporti tra materia e spirito, ricordi alterni e umori diversi tra memoria del passato, che ha la sua forte incidenza, e assicurazione del presente, in continua mutazione.

Emerge, quindi, l’assunzione di una felice e rapida figurazione, tutta trasportata come fosse una palpabile astrazione di caratura poetica, con tratti, anche, appassionati, idilliaci, lirici e scanditi dettati energetici, che regolano certezze di una dimensione umana, tutta da recuperare, da far rimbalzare come rinnovo dell’animo.

Insomma, Renato Marini, da saggio artista, esprime una frazionata land art ripresa in piccolo, che diventa fascia descrittiva e nastro propositivo; difatti, la sua redazione assicura alle ultime opere leggerezze cromatiche convincenti, perché sia più accorto il senso tattile e più profondo il gioco di atmosfere, ma non manca il fraseggio delle trasparenze, che attraversa corporeità rilevabili, nettamente esistenti e realmente incidenti.

Il suo procedere con estrema cautela favorisce la consistente assunzione, volutamente lirica, di impianti geometrici, da cui ricava la tendenziale idea di misurare e dimensionare lo spazio-ambiente, ma, anche, di interpretarlo, pienamente, sino a possederlo e, alla fine, descriverlo e desumerlo nelle significazioni concretamente segniche e nelle variegate segmentazioni pluridimensionali.

Si leggono, in filigrana, dettagliate plastiche e sillabazioni figurative, che manifestano e segnalano vitali rispecchiamenti esistenziali.

Anche vere campiture si stagliano e situano rilievi di pensiero.

Si nota che l’artista precisa la rilevanza dei piani geometrici delle coltivazioni, tutti manifestamente prodotti da concentrate dinamiche operative di un’agricoltura in ripresa.

La narrazione equilibrata rispecchia motivati bilanciamenti, attese temporali, tra tempi primaverili, estivi, autunnali e invernali, acuti varchi di rispondenze umane.

Il suo immaginario s’eleva su controllatissimi sentieri, dettati da una pregevole sensibilità; difatti, le sue dimensioni visive colgono in estensioni regolatissime, piene e convinte, frontiere di coscienziosi e dettagliati percorsi.

Una lettura d’impatto ci permette di cogliere cromatismi ben dosati, quotati per una soluzione di trasparenze, inserita in una declinazione incredibilmente eletta e, così, si captano rese quotidiane, che si pronunciano verso intese future, perché si nota che c’è voglia da parte dell’artista di conquistare lo spazio, di dimensionarlo e d’invaderlo per offrire su una frontiera di evoluzioni una stagione di regolate attenzioni su sensazioni massime.

Quest’accorta, costante tensione misura, essenzialmente, lo spazio e manifesta una tacita frenesia di oculate disamine delle attualità circostanti.

In una rete di elaborazioni pragmatiche elementi naturali rigogliosi ed effervescenze segnaletiche di moti e motivi di ricalco astratto-geometrico, pienamente sottesi, sorvegliati e vigili coordinamenti, accurate ed eleganti estroflessioni e lampanti ed esplicite profonde prese di coscienza visiva corroborano sedimentazioni d’atmosfere, ricche di preziosismi figurali.

Si combinano, quindi, quei gorgoglii e quelle vivacità e vitalità che appartengono al mondo della natura, amministrata dalla mano dell’uomo, quanto quelle percezioni di sintesi, di estrema ragionevolezza astratta.

Il concreto figurale si abbina al concreto astratto e lo si avverte da scritture magistralmente incurvate in una preziosa de-tessitura; si va dallo sfarinamento delle figurazioni sino alla smembratura e al dissolvimento per afferrare semi linguistici astratti.

Il “focus” dell’azione pittorica di Renato Marini rinforza visioni consistenti, affondi di materia, elaborazioni di appunti, squarci di luci, che, così, ci permettono di cogliere significative abilità.

Sottili rimandi segnico-geometrici e temperanze cromatiche indagano le strutture di una geometria libera e della visione del mondo e determinano moltiplicate vibrazioni e situati tagli.

In questa modulazione di assetti neo-geometrici e di rarefazioni astratte si manifestano essenziali equilibri tra la relazione di una forma data e lo spazio.

Con motivata, calma e coerente autorità artistica, assicura alle sue opere un preciso universo pittorico, tradotto e prodotto da un lavoro, intelligente e metodico, in cui l'intima dialettica indica la comprensibile preoccupazione di affermare come la pittura possa risultare ancora una legittima ed elevata comunicazione, non superata, sino a oggi, nel procurare profonde emozioni estetiche e, comunque, in netta sintonia con l'arte aggiornatissima dei nostri tempi, tra crisi e avanzamenti.

L'attuale pittura di Renato Marini, tutta motivata, da ripensamenti figurali, si presenta ancor più interessante, compatta e accattivante e il senso della realtà presiede gli scenari che il suo pennello, ormai esperto e convinto, edifica.

Paesaggi e sveglie visioni d'insieme, scenografie pulite guadagnano lo spazio della tela e sempre più la mano di Renato Marini conquista trame di panorami veri, ma anche ideali e anche immaginati e da questi impatti emergono realismi capienti, ma anche visioni sospese tra sogni ed emozioni, tra filigrane ottiche e soprassalti visivi; insomma, si potrebbe parlare di realismo oggettivo, in parte, e, d’altro canto, di realismo magico, sulfureo, invitante e incantato.

Maurizio Vitiello


Forse un mattino andando in un’aria di vetro

La tendenza all’acromia è una costante nel lavoro di Renato Marini. Non che i colori non esistano e che non si percepisca attenzione nei loro confronti: gli ocra, gli azzurri e i grigi dei suoi acquerelli piuttosto si rivestono di pulviscolo atmosferico, si opacizzano. Attraverso una formula cara alla poetica della ‘macchia’ tra luce e colore (da cui ha origine la pittura moderna, tra post-impressionismo e pointillisme) nelle opere presenti in mostra vediamo una natura che si isola dentro un silenzio contemplativo, mostrandosi agli occhi di chi la guarda con delicata ritrosia.

Nella leggenda narrata in Senza colori – racconto delle Cosmicomiche di Italo Calvino – la terra, come la luna, nasce priva di colori, portati poi casualmente un giorno per mezzo di uno strato gassoso che inizia a formarsi sulla terra, dando una nuova connotazione alle cose, un nuovo modo per codificarle e raccontarle. E se ho ricordato questa storia è perché ogni volta che incontro le opere di Marini a una mostra o sfogliando uno dei cataloghi a lui dedicati, ho come la sensazione che i suoi paesaggi campestri siano protetti da una sorta di ‘aria di vetro’ come quella di cui Eugenio Montale parla nella sua lirica, il cui ricordo mi riaffiora osservando le onde leggere dei suoi campi e gli alberi a piccole macchie quasi trasparenti.

Secondo la filosofia dell’esse est percipi, il ‘regno dell’essere’ ovvero quello che può essere investigato attraverso i sensi, è diviso dal mondo retrostante, il ‘regno del non essere’, quello a cui si dà le spalle, che sfugge all’occhio. I due regni sono inconciliabili. Tuttavia, colui che si volta – come raccontato nelle due quartine di Ossi di seppia – fa si che questo sistema possa essere infranto («rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo»). Guardare in faccia il nulla e dargli forma, consistenza e colore permette di guardare oltre il visibile. Anche Marini come il poeta usa questa sorta di specchietto retrovisore, fermando sulla tela e sulla carta da oltre quarant’anni frammenti di spazi senza tempo, realtà che appartengono, più che al reale, al sogno e al ricordo, quello più intimo e più caro. «Sono nato in campagna, i miei genitori erano contadini, quindi il mio mondo era questo.  Sono stato a stretto contatto con gli animali, con la mia campagna, con i miei alberi, con le mie colline, con le mie farfalle, con i miei uccelli. Cerco sempre di ricordarmelo con le mie opere» – racconta l’artista molisano a Maurizio Vitiello in un’intervista di circa un anno e mezzo fa. Come ha osservato Guido Montana nel 1987 nel testo a lui dedicato per la mostra vastese “Il labile pittorico”, Renato Marini sente ‘otticamente’ il paesaggio, ha una visione naturale ed evanescente che non necessariamente si allinea alla logica del contingente ma che piuttosto attinge all’eterno topos della memoria, che nel suo caso è legata alle proprie radici antropologiche.

E quest’aria di vetro che sembra togliere visibilità all’immagine in realtà la accentua. È una visibilità altra, una visione dall’opaco, una chiusura delle palpebre che diventa una messa a fuoco dei concetti chiave, quelli che per lui sono veramente importanti. Agendo per sottrazione, l’artista viaggia verso un grado zero dell’espressione artistica, come a voler seguire il poeta Luigi Plescia, suo (nostro) conterraneo, quando in Consigli di un poeta dice “Leggere, leggere i poeti quando ancora le pareti sono bianche”.

Lara De Lena

 

Il paesaggio molisano visto attraverso la pittura di Renato Marini

Qui sto senza paesaggio,
pere, mele, stagioni, cielo, niente,
soltanto suppellettili, una campagna
fatta ad artificio. Ma già da piccolo
per gioco stendevo una coperta.
Valerio Magrelli

Va ricordato che storicamente il paesaggio si emancipa dalla funzione di sfondo nel Cinquecento con Tiziano Vecellio a cui è attribuita peraltro la prima attestazione scritta della parola paesaggio per indicare un suo dipinto. Questo soggetto arriva a noi dopo l'esperienza immersiva dell'Impressionismo e dell'Espressionismo, ma il paesaggio in Marini non è rappresentato: è trasfigurato in immagine mentale che resta sul confine tra memoria e dimenticanza. In queste opere il paesaggio vive la sua complessità, ma, attraverso un processo mnesico-mentale, sono selezionati i suoi elementi essenziali. Il paesaggio è ridotto ai minimi termini, tanto da determinate una poetica della «forma parageometrica spaziale» come l'ha definita Leo Strozzieri (1994) in un intenso testo critico dedicato all'artista. La pittura di Marini resta sul confine tra figurazione e astrazione. Marini mette avverte gli abitanti molisani: diluendo ulteriormente il colore non resterebbe nulla: un paesaggio che resta è sull'orlo della sparizione. Dal Novecento, in ambito artistico, si ha spesso l'abitudine di trovare interessanti i percorsi di rottura e di chiamare arte contemporanea quella d'avanguardia; talvolta una stressante ossessione per l'innovazione guida le scelte di molti curatori e critici trascurando una folta schiera di artisti che non hanno mai abbandonato la strada tradizionale dell'arte, totalmente disinteressati alle facili provocazioni e alla sorpresa.

Renato Marini cerca in un modo del tutto personale e nuovo di riallacciare nodi con la storia della pittura legando la sua ricerca a quella dei grandi Maestri. Lavora per contrappunto al main stream avanguardista. Questa scelta ridefinendo “uno spazio circoscritto, ma sicuro” (Guido Montana, 1987) dalla forte potenzialità terapeutica, utile oggi per affrontare il periodo storico di grandi cambiamenti che stiamo vivendo.

Marini è a mio giudizio l'artista contemporaneo che in ambito pittorico interpreta meglio il paesaggio culturale molisano esprimendo « (…) a chiarissime lettere l'amore (…) per il paesaggio della sua terra d'origine» (Leo Strozzieri, 1994): una terra paterna. L'artista, molto legato alla figura del padre contadino, ha anche dedicato a quest'ultimo una mostra e una poesia.

Il paesaggio è per l'artista una costruzione mentale come è espresso magistralmente nei versi di Valerio Magrelli che ho posto in esergo. Non è inteso dunque come belvedere, ma nell'accezione costruttivista espressa bene nel primo articolo della Convenzione Europea del Paesaggio: « (…) an area as percived by the people». La percezione è un fatto complesso perché in essa si mischiano, in un'unico processo mentale, dati sensibili, emozioni, filtri culturali ed elaborazioni di esperienze personali. Inoltre la percezione non è una qualità statica, ma una capacità-competenza affinabile soprattutto attraverso l'esperienza estetica. La percezione diventa ancora più complessa se riferita al paesaggio che come ha scritto Quaini è un «poliedro di enigmi e complicazioni» (Quaini, 2006). 

Vorrei precisare che l'operazione di Marini non è idealizzante, ma progettuale e contempla una pacifica militanza. Il suo engagement con Il Centro Culturale il Campo ne sono la prova concreta. L'abbandono del paesaggio agrario è una delle criticità italiane che comporta non solo la cancellazione dei segni e una perdita di qualità paesaggistica, ma anche, ad esempio un aumento del rischio idrogeologico.

          L'artista ha dato molto al territorio attraverso un attivismo culturale costante dirigendo Il Campo che a Campomarino (CB) ha ospitato artisti di fama internazionale come Christo, Kodra, Treccani, Carboni, Pace, Saquella, Hugo. Ha speso energie e tempo per una semina culturale su un terreno 'sassoso'.

Come ha messo in evidenza Andrea Zanzotto (2000), nel video di Carlo Mazzacurati e Marco Paolini, spesso nel nostro campo percettivo appaiono di colpo, ferendoci, elementi detrattori di valore paesaggistico: l'artista indica una strada progettuale, il ritorno alla terra come retroinnovazione e suggerisce “la pratica del togliere” in un Paese che fa difficoltà a demolire i propri relitti, a risemantizzare e a riqualificare i luoghi. A produrre nuovi paesaggi.

Il paesaggio molisano se ha una qualità, essa deriva, come ha espresso Lina Pietravalle, da una atavica ritrosia verso l'innovazione e il cambiamento in genere. «Il Molise (…) ha l’onore di essere di codesti paesi elementari, rozzi» dice la scrittrice «(…) è rimasto impenetrabile, asciutto come le argentee selci di cui son fatti i suoi focolari e le sue case, e d’una indifferenza superba, l’indifferenza del solitario d’origine che si astrae sempre anche se càpita in mezzo ad un baccanale» (Pietravalle, 2011) la festa del boom economico che ha purtroppo segnato irreversibilmente molti paesaggi italiani.

Quello che in un'ottica positivista poteva essere letto come un limite, oggi è il carattere identitario su cui può crescere un marketing territoriale integrato proprio dalla ricerca artistica come è già avvenuto -ad esempio- in regioni come la Provenza o la valle del Reno. Il video Immaginare il Molise (2015) da me diretto e prodotto dall'Università del Molise per Expo2015 è nato proprio da queste considerazioni. A mio avviso alcuni paesaggi potrebbero portare alla mente la ricerca di Virgilio Guidi, ma sebbene possa esserci un'affinità, sarebbe un errore accostare le due ricerche: per Guidi è la nebbia a determinare l'uso dei mezzi toni per i suoi soggetti brumosi. I paesaggi di Marini sono invece sovraesposti, cancellati da una luce abbagliante. Se c'è una foschia è quella che scende di sera dopo un giorno assolato o risiede negli occhi stanchi di chi guarda il suo ambiente di vita dopo una giornata di duro lavoro. Così Marini crea una sorta di camera di allucinazione che fortunatamente impedisce una deriva descrittiva e che apre ad una visione onirica che a mio avviso lo accosta a Jean-Michel Folon.

Attraverso campiture di non colore, Marini riesce a creare un campo d'azione per trascrivere il ritmo lento della  cultura agricola in cui l'attesa gioca un ruolo determinante.

Le opere sono partiture in cui la superficie di fondo è resa docile per accogliere il segno come il contadino fa con la sua terra prima della semina. È l'osservatore a far crescere, da una benevola macchia: l'albero -spesso piegato dal vento un movimento d'aria- i vigneti o i campi arati che cercano un punto di fuga convogliando lo sguardo su un orizzonte dissolto.

          La pittura di Marini è caratterizzata da un uso del colore diluito che ricorda, come messo in evidenza da Leo Srozzieri (1994) le opere di Antonio Calderara e determina una espressività elegante e discreta, che rende le opere intimistiche e meditative. Molti critici hanno accostato alcuni aspetti della pittura di Marini ad artisti storicizzati, ma mi pare nessuno abbia fin ora considerato il carattere 'atmosferico', una ricerca già espressa nel De Pictura di Leonardo da Vinci.

Questo aspetto è ben espresso dal titolo che ho scelto per questa mostra: dipingere l'aria, un'espressione usata in un fervido testo critico di Achille Pace.

          Nella serie di opere ritorni, prodotta principalmente durante il lockdown causato dalla pandemia covid-19, riappare sulla tela la specie umana. Personaggi ieratici e di spalle osservano il paesaggio.

L'artista afferma che rappresentano ricordi di un'infanzia agreste, il ritorno dopo una giornata di lavoro.      

Ma io credo che almeno inconsciamente rappresentino l'epilogo epico del fenomeno storicizzato dell'emigrazione che spopola di anno in anno il paesaggio, abbandonando i territori agricoli. C'è il sentimento di chi vuole tornare alla sua haimat.

(E qualcuno è già tornato per trascorrere nella sua terra d'origine il periodo di isolamento dovuto alla pandemia ed ha deciso di restare rideterminando la propria esistenza. Forse qualcuno sta tornado).

Michele Porsia

 

 

Biografia.

Renato Marini nato a Larino nel 1955, vive e opera a Campomarino (CB). Ha iniziato la sua attività artistica nella metà degli anni settanta. Nel 1990 ha fondato, con un entusiasmo condiviso da un gruppo di amici tra cui Achille Pace, il Centro Culturale il Campo (CCC) che purtroppo ha chiuso i battenti nel 2012. Come operatore culturale e Direttore Artistico del Campo ha organizzato eventi artistici di rilievo nazionale e internazionale. Indimenticabili la mostra omaggio a Christo e Jeanne Claude in occasione del ventennale dalla fondazione del Centro, la rassegna di Mail Art con 360 artisti provenienti da tutto il mondo e mostre personali di diversi artisti di spicco.

Ha partecipato su invito a diverse esposizioni tra le quali: la 52a Biennale Internazionale d'arte di Venezia per gli eventi collaterali "Omaggio a Pierre Restany",  il Premio Sulmona (nel 2001 premiato con targa d'argento), il Premio Termoli, il Premio G. B. Salvi, il Premio Internazionale Valle Roveto, il Premio Flash Art, Prospettive del Terzo Millennio, il premio Museo Maca di Acri (secondo premio), la Biennale Internazionale d'Arte della Calabria. Le esposizioni personali più prestigiose sono state "Lux Ludus" presso la Galleria Civica di Termoli, Palazzo Farnese di Ortona, Galleria Vicoloquartirolo di Bologna, Centro Culturale il Campo, Saletta d'arte Filippo Palizzi di Vasto.

Le sue opere sono conservate in diversi Musei: MACTE di Termoli, Pinacoteca Internazionale Francescana delle Marche, Pinacoteca d'Arte Moderna di Avezzano, Museo Internazionale dell'immagine postale di Belvedere Ostrense (AN),  Museo Civico di Larino (CB), M.I.A.C. Museo d'arte Contemporanea Irpino di Vallata (AV), Museo Internazionale dell'immagine di Mail Art de L'Aquila.

Diversi critici, artisti e storici dell'arte hanno scritto della sua ricerca pittorica tra i quali: Eolo Costi, Lara De Lena, Lucio Del Gobbo, Giorgio Di Genova, Tommaso Evangelista, Enzo Le Pera, Ursula Manes, Alessandro Masi, Guido Montana, Salvatore Motta, Raffaele Nigro, Hugo Orlando, Achille Pace, Antonio Picariello, Michele Porsia,  Vittorio Sgarbi, Leo Strozzieri, Maurizio Vitiello.






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